Questo racconto è stato scritto da Chiara, al ritorno da un viaggio di gruppo in Namibia in tenda. Se invece siete interessati a un viaggio in self drive, potete leggere il mio itinerario in Namibia di 15 giorni…
E ora vi lascio alle emozioni del racconto
Ho sognato questo viaggio per diversi anni, attratta dai racconti sulle sue rare bellezze naturalistiche. Ed ora, qui davanti ad una fontana zampillante del parco del mio paesiello (ndr Cesano Maderno), in una calda e tollerabile giornata di fine estate, mi accingo a ricordare…
Namibia: il deserto del Namib
La Namibia deriva il suo nome da Namib, il più antico deserto del mondo, il paese più secco tra quelli a sud del Sahara. Arido, brullo, corre lungo la costa per tutta la lunghezza dello stato ed è caratterizzato da alcune delle dune più alte del mondo, letti di fiumi asciutti e canyon. Per larga parte del mio itinerario di viaggio ho osservato la sua calotta terrestre color sabbia punteggiata da bassi arbusti spinosi scossi dal vento che sollevava la terra, tanto che quasi avvertivo una sensazione di arsura, un desiderio di ristorarmi ad una fonte, così come facevano i vari animali – zebre, elefanti, rinoceronti – al limitare delle pozze d’acqua. E poi il quadro si componeva di cieli perennemente azzurri, ampi orizzonti, spazi silenziosi… Vuoto e Totalità. Oltre all’ecosisema desertico, sabbioso o roccioso, ho avuto modo di contemplare anche il paesaggio africano per eccellenza: la savana, ampie prateria ondulate punteggiate prevalentemente da alberi di acacie popolate soprattutto da branchi di zebre, gnu, antilopi e predatori ad alta velocità, come i ghepardi.
E così, in queste zone, con un’alta densità di popolazione animale e vegetale straordinariamente adattata, ho ammirato i miracoli della Natura…
Namibia in tenda: gioie e dolori del campeggio
L’esperienza del campeggio nel deserto è stata sfidante: come prima volta potevo scegliere una meta meno ricca di insidie e più breve, ma certamente quando decido di fare una cosa, non mi pongo grossi limiti. Ecco perché:
….Il montaggio della tenda sotto il torrido sole del primo pomeriggio mi ha omaggiato di indimenticabili sudate, soprattutto per la fatica dell’incastro dei ganci attaccati ai tiranti che facevano parte della struttura.
….Il limitato spazio interno della tenda in condivisione con la mia coinquilina mi ha fatto penare parecchio alla ricerca al buio di magliette termiche, maglioni, calze o acessori per bagno; tra l’altro il mio frontalino, dotato di batterie poco potenti in grado di offrire solo una fioca luce, non mi agevolava certo la vita (anche se aveva un certo fascino la sensazione di trovarmi in un quadro di Velazquez)!
…le docce situate a qualche metro di distanza dalla tenda che raggiungevo al buio in svariate tranche dato che dimenticavo sempre qualcosa….
….L’infilarsi nel sacco a pelo a mummia che risultava troppo caldo nei posti laddove ipotizzavamo notti gelide per via di un caldo anomale (Sesriem Camp), con il risultato di un brusco calo di voce e uno spogliarello notturno per rimanere in canotta e pantaloncini e godere di un po’ di frescura come nelle migliori notti d’estate in città
…Il timore di trovare animali poco amici o poco simpatici dentro la tenda, come quando una sera, nel buio del campeggio di Sesriem e con i nostri frontalini ad illuminare il cibo del piatto appoggiato sulle nostre gambe, abbiamo avvistato un esserino che si muoveva rapidamente sul terreno, e siamo saltati all’unisono dalla sedia per allontanarci dallo scorpione a piccole chele (e a detta della guida velenosissimo) che si faceva strada tra di noi con la coda alzata e pronta a colpire. O un’altra sera a Okonjima (dove c’è il progetto Africat Foundation), quando, con la stessa dinamica, ci siamo ritrovati a convivere accanto ad un nido di ragni scorpione, dei quali uno si era furbescamente addentrato in una delle nostre tende (è stato successivamente scovato e fatto evacuare, con un tempo tecnico dell’operazione durato circa 20 minuti). E la mattina dopo, quando ci siamo svegliati e la luce ha iniziato ad avvolgere pigramente l’ambiente, ci siamo trovati circondati da resti di cibo sparso, bastoncini di spiedini, lembi di tovaglioli (concentrati soprattutto accanto alla mia tenda…): in buona sostanza una piccola orda di sciacalli aveva gentilmente fatto un’incursione nella nostra area facendo razzia del cibo di cui aveva probabilmente sentito l’odore. Per fortuna che la stanchezza accumulata durante il giorno, unita a dei fantastici tappi di cera che assolvevano degnamente al loro lavoro, mi ha permesso di non sentire nulla, superare la paura dei ragni scorpione e dormire profondamente avvolta a mummia nel mio sacco a pelo!
…E poi, come non ricordare questa sabbia nei capelli, che anche a lavarli, non se ne voleva proprio andare, grazie al vento imperturbabile della Duna 45, del Big Daddy e della Skeleton Coast.
Le cose da non perdere durante un viaggio in Namibia
Tuttavia, ho delle immagini magiche ho stampate nella mente dell mia Namibia in tenda… eccone qui alcune che vorrei condividere.
La cena in campeggio in Namibia
- quando calava l’oscurità ci disponevamo tutti in attesa della cena, spesso a base di grigliate di carne, che sono popolarissime in Namibia. Per questo tutti i camping avevano sempre a disposizione il barbecue (braal), dove, oltre a manzo, agnello e pollo, abbiamo assaggiato anche carne di springbok, zebra, kudu e coccodrillo. Per non parlare del Biltong, ovvero striscioline di carne aromatizzate e lasciate essiccare. Si consumano crude e sono lo snack per eccellenza dei cow boys nabimiani e afrikans. Come dimenticare tutti noi che ci radunavamo in cerchio attorno alla brace, ci mettevamo in coda dopo avere preso il nostro piatto e posate, e ci appropinquavamo alle pentole fumanti dove si levavano eccellenti profumi di spezie ed aromi locali. Per chi mi conosce bene inutile dire che io facevo sempre il bis! E poi aprivamo le nostre sedie pieghevoli, ci sedevamo nelle nostre postazioni, con la borraccia di acqua appoggiata a terra e mangiavamo le nostre pietanze illuminate dal bagliore del nostro frontalino. Circondati da una totale oscurità, immensità e silenzio, sotto un lenzuolo nero punteggiato di stelle, mi sentivo come dentro ad un osservatorio astronomico. Ogni sera ci sedevamo su uno sperone di roccia o accanto alle tende per ammirare estasiati la Via Lattea, la costellazione dello Scorpione (l’unica che abbiamo identificato chiaramente), cercando di decifrare anche le altre (soprattutto Sagittario e Cigno). Il gioco da settimana enigmistica di unire i puntini luminosi non ha sempre avuto grande successo, ma almeno qualche stella cadente sono riuscita a vederla
Namibia e deserti: il mare di sabbia
- il deserto del Namib, con la distesa infinita del mare ondulato di dune di sabbia color albicocca e rossa che cambiano e si modulano a seconda dei venti, interrotto solo da piccole oasi… La colorazione è dovuta alla composizione ferrosa della sabbia ed alla sua ossidazione; le dune più antiche sono quelle dal colore rosso più intenso
- lo spettacolo del tramonto alla Elim’s Dune a Sesriem…
- Sossusvlei, con le sue dune enormi, altissime e immobili. Diverse dune dell’area superano i 200 metri di altezza rispetto al suolo circostante, e si classificano fra le più alte del mondo. Non cambiano forma nel tempo come in altri posti. I loro profili sono antichi ed anche per questo ogni tanto si incontra un cespuglio, un arbusto che spunta stranamente dalla sabbia. Sossusvlei è un pianoro di forma grosso modo ellittica, coperto da una crosta di sabbia salina indurita e screpolata: si tratta del fondo di un lago quasi sempre asciutto, che è stato modellato attraverso i millenni dalle acque del fiume Tsauchab. Lo Tsauchab, secco per la gran parte dell’anno, si riempie d’acqua solo in occasione di piogge particolarmente intense; in queste occasioni, può accadere che la piana di Sossusvlei venga alluvionata
La famosa Duna 45 e Big Daddy
- l’alba sulla Duna 45 (una duna di geolocalizzazione, chiamata così perché si trova a 45 km da Sesriem). Abbiamo trascorso la tarda mattinata sul Big Daddy (la duna più alta dell’Africa, circa 380 m) ad ammirare il panorama, tra il cielo azzurro, le dune rosse, l’immenso bacino bianco d’acqua effimero che pare una salina e che ospita una serie di alberi marrone scuro, creando un quadro a bande orizzontali di colori accesissimi e contrastanti che lo rendono estremamente ‘fotogenico’ e surreale nella sua particolarità e perfezione cromatica. Le acacie che punteggiano questa piana bianchissima sono nate, sembra, oltre 500 anni fa in seguito a un periodo di piogge eccezionali. Poi gli alberi sono morti e, bruciati dal sole e dal clima estremamente secco, si sono conservati perfettamente. Sono neri e contorti come se fossero sculture in ossidiana (si tratta della Deadvlei, dove Vlei significa infatti ‘lago secco nascosto fra le dune’)
- Nell’ascesa al Big Daddy, mentre all’inizio avevo la sensazione di camminare in riva al mare, in spiaggia, ricordo che successivamente mi è sembrato di stare facendo sci di fondo (anche se in realtà non so sciare!). La fatica dell’ascesa, in particolare l’affondo del piede nella sabbia, la parete verticale di qualche metro che abbiamo scalato a quattro zampe in quanto percorso obbligato per proseguire verso la cima, il vento sferzante, il sole rovente, i granelli di sabbia graffiante sul viso, negli occhi e in bocca, sono stati sfidanti, ma ne è decisamente valsa la pena. Penso che questa esperienza sia assimilabile ad una presciistica, per cui gli sciatori non me ne vogliano se dico di sentirmi pronta per la stagione invernale in montagna!
- il rumore del vento costante, come una perenne musica di accompagnamento in sottofondo, ed il momento estemporaneo in cui si è fermato di colpo per un attimo, impressionandomi per il silenzio assordante, quasi enigmatico, e che già rimpiango ora nelle caotiche giornate d’occidente
Oceano e safari al Parco Etosha
- lo Spitzkoppe, con i suoi 1728 m, che si eleva come un miraggio al di sopra delle polverose pianure del Damaraand meridionale. La sua caratteristica forma ha ispirato il suo soprannome, ‘Cervino d’Africa’, anche si in realtà si tratta di un vulcano spento
- la Skeleton Coast, una magnifica costa desertica spazzata da gelidi frangenti e nebbie sinistre
- l’Etosha National Park, con le partenze all’alba per i safari mattutini visitando le pozze, o nei look out della savana rimanendo appostati in attesa di vedere qualche felino, come i leoni. Abbiamo sostato due notti al Namutoni Camp, che rappresenta il campeggio più orientale del parco, contraddistinto da un forte tedesco imbiancato. Dispone di un’area per sostare e da alcuni chalet di lusso situati ai lati del bush, con pareti imbiancate e rifiniture in legno scuro. Accanto al forte si trova un’incantevole sorgente calcarea di acqua dolce, orlata da canneti e popolata da rane molto rumorose, che costituisce la principale attrattiva, in quanto qui si abbeverano gli animali nelle ore in cui i predatori dormono. Al di qua dei canneti sono sistemate varie panchine dove orde di turisti siedono per ammirare uno spettacolo, che inizia prima che sorga il sole o dopo il tramonto…
- Ecco che si affacciano da un lontanissmo e buio orizzonte due sagome più scure… che colli lunghi! Rircordo che le giraffe, prime comparse sul ‘palco’, hanno impiegato circa 45 minuti per avvicinarsi alla pozza: stavano ferme tempi innumerevoli, giravano il muso, si guardavano circospette attorno…e quando finalmente l’acqua si è presentata alla loro portata, hanno aperto le zampe posteriori e si sono chinate in avanti nel modo buffo che le contraddistingue, facendomi provare al contempo divertimento e tenerezza.
- E poi da sinistra ecco che sbucano due grossi animali dalla stazza importante: rinoceronte mamma e piccolo che parevano fatti di marmo grigio, più veloci nei movimenti, altrettanto lenti nella permanenza al bordo della pozza. E poi, da destra… sentiamo passi sul terreno che si fanno via via più nitidi e definiti: sono arrivati anche gli elefanti, sempre nella coppiata genitore e piccolo, immensi nella corporatura, che li contraddistingue appunto da quelli asiatici.
E’ stato incredibile osservare gli animali: sorprendente come tutti provassimo piacere a gustare i secondi per scorgere ogni singolo movimento, dal più impercettibile al più evidente, e soprattutto desiderassimo che il tempo si dilatasse all’infinito, stando solo nel momento senza fare nulla. Che differenza di stato rispetto al vortice di frenesia ed inconsapevolezza delle nostre giornate quotidiane!
Ho avuto la stessa sensazione anche quando ho visto all’alba le leonesse abbeverarsi accanto alle loro pozze d’acqua, o guardando le zebre, le antilopi, gli gnu…uno scandire del tempo diverso, un esempio di ciò che io intendo per ‘qualità’, un orientamento ad osservare e stare, che stimola l’introspezione piuttosto che l’azione
Il consiglio della Travel Coach
Cosa si impara da un viaggio in Namibia: il lusso della lentezza
In questo viaggio, grazie ai ritmi da moviola degli animali ed alla vita da campeggio, ho avuto la costante percezione del fatto che la natura è uno scrigno, che contiene una saggezza istintiva che vorrei tanto riconquistare anche io, che la ricchezza risiede nella semplicità e che il lusso che ne deriva (e non è una trasmissione di Alessandro Borghese!) è ineguagliabile e accessibile solo a chi davvero ne sa comprendere il valore, simile a quello del tempo, a cui facciamo fatica ad attribuirne qualità, persi ed inconsapevoli nella meccanicità delle nostre giornate.
Auguro a tutti di avere modo di rallentare, di apprezzarle il piacere e concludo infine con questi versi tratti da una poesia di Franco Arminio, che apprezzo molto per la schiettezza della verità che trasmette:
Non so quando è accaduto il
massacro di ciò che è lieve, lento, sacro, inerme.
Adesso
per tornare a casa, per tornare assieme nella casa del mondo, non serve la
rabbia, non serve lo sgomento, basta sentire che ogni attimo è un testamento.
Concedetevi una
vacanza intorno a un filo d’erba, dove non c’è il troppo di ogni
cosa,
dove
il poco ancora ti festeggia con il pane e la luce, con la muta
lussuria di una rosa.
Abbiamo bisogno di contadini, di poeti, gente che sa fare il pane, che ama gli alberi e riconosce il vento. Più che l’anno della crescita, ci vorrebbe l’anno dell’attenzione. Attenzione a chi cade, al sole che nasce e che muore, ai ragazzi che crescono, attenzione anche a un semplice lampione, a un muro scrostato. Oggi essere rivoluzionari significa togliere più che aggiungere, rallentare più che accelerare, significa dare valore al silenzio, al buio, alla luce, alla fragilità, alla dolcezza.
Se vi regalerete un viaggio in Namibia sono sicura che vi sintonizzerete in modo rapido e spontaneo su questa lenta e dolce armonia nel cuore delle cose…
Veronica Grossi
La Namibia è un po’ come un viaggio nel viaggio, tante le sue differenze e particolarità. Viverla in tenda deve essere un’esperienza ancora più unica!
Valeria
La Namibia è “il viaggio dei viaggi” per me… si era capito? 😉
Chiara
Ho accompagnato 2 gruppi a fare questo splendido viaggio (sono Accompagnatore Turistico), 6000km in un mese, anche noi con Mufasa
E’ stata un’esperienza unica e indimenticabile.
Nella tua descrizione ho rivissuto le emozioni di quei momenti, soprattutto quando parli degli animali. Nonostante siano passati due anni ho ancora un ricordo molto nitido di quelle sensazioni.
Ricordo molto bene anche il freddo notturno
Cosa c’è di meglio che un viaggio ‘on the road’ in tenda in una terra ancora così selvaggia???
Valeria
in questo momento… tanta nostalgia per l’Africa e per la Namibia!