Tra i comportamenti più difficili che ho affrontato nei miei percorsi di crescita personale vi è sicuramente “il saper dire di no”. In questo post cerco di analizzare con voi cosa c’è dietro a questa difficoltà, su cosa si può lavorare per vivere più serenamente questi momenti e perché questo è un tema culturalmente piuttosto ostico soprattutto per il mondo femminile.
Imparare a dire di no: una questione di assertività
Sapere esprimere i propri bisogni e le proprie opinioni, sia in termini negativi sia in termini positivi, è strettamente collegato a vari competenze.
Innanzitutto, per poter esprimere i propri bisogni, è necessario conoscerli. Il primo tema su cui interrogarci è: quanto sappiamo davvero quello che vogliamo? Quanto siamo radicati nella nostra identità e quanto invece ci facciamo trascinare dai giudizi, dalle etichette, dalle semplici parole altrui?

L’autoconsapevolezza è, quindi, il primo gradino per imparare a dire di no: a volte infatti si è accondiscendenti semplicemente perché non sappiamo cosa “contrapporre” alla richiesta degli altri.
Il secondo passo è essere in contatto con i propri bisogni e con le proprie emozioni, saperle riconoscere e, quindi, saperle esprimere, senza farsi sopraffare da esse: il nostro capo ci chiede di fermarci di più in ufficio, proprio quella sera in cui avevamo programmato da tempo un aperitivo con le amiche e questo ci fa arrabbiare al punto che rimaniamo senza parole, sbuffiamo, ma non ci arrischiamo a parlare per la paura di esplodere e di non sapere gestire il nostro malumore?
Una volta, riconosciute le emozioni, è opportuno imparare a esprimerle in modo efficace e funzionale. Qui il tema è quello dell’autoefficacia e della comunicazione assertiva.
Assertività, passività, aggressività: i 3 bracci della bilancia
Per capire bene cosa significa “Assertività”, può forse essere utile immaginarsela su un continuum, ai cui estremi vi sono la passività e l’aggressività.
Chi è passivo, rinuncia a esprimere i propri bisogni e a comunicare le proprie opinioni, annullandosi in quelle altrui, che accetta appunto senza fiatare e senza mai opporsi o manifestare la propria identità. Alla base c’è sicuramente il tentativo di evitare conflitti o la paura di “mostrarsi” e di essere giudicati.
All’altro estremo vi è l’eccesso di assertività, che diventa aggressività e quindi incapacità di rispettare l’altro nella comunicazione ed espressione del proprio sé, che diventa però un “imporre” più che un “proporre”.
A volte i due estremi possono anche ribaltarsi: chi accumula, somatizza ed è sempre “passivo”, può diventare una pentola a pressione che esplode tutto ad un tratto, urlando e aggredendo, perché non riesce a “calibrare” il suo disappunto e non sa come esprimere in maniera equilibrata e paritaria il proprio pensiero.
Il tema dell’assertività è, quindi, legato a quello dell’autostima e della fiducia in sé, nelle proprie sensazioni, nelle proprie capacità e nella convinzione di non perdere la considerazione altrui a seguito di un “confronto”.
Una comunicazione assertiva è quindi, in ultima istanza, una comunicazione “autentica”.

Le cause dell’incapacità di dire di no: le trappole dietro a queste due lettere
Cosa ci blocca quando dobbiamo rifiutare una richiesta che viene dagli altri? Nella maggior parte dei casi si tratta di condizionamenti, appresi dalla società o nella famiglia di origine, o pensieri “irrazionali” che ci guidano in maniera disfunzionale.
Eccone alcuni:
“Se dico di no, l’altro ci rimarrà male” ovvero la necessità di “sentirsi” gentili, buoni e rispettabili
“Se dico di no, sono un/un’ ingrato/a, perché l’altro mi direbbe di sì” ovvero sentirsi costretti a fare qualcosa, solo per senso di colpa
“Se dico di no, perdo l’affetto, la stima, la considerazione dell’altro”, ovvero sentire il bisogno di compiacere gli altri a tutti i costi per non “perderli”
L’assertività al femminile e la sindrome di “Wonder Woman”
Nelle mie attività di counselor e di ricerca sui temi del lavoro e della flessibilità lavorativa, ho visto spesso che la scarsa assertività e il non sapere dire di no è molto più diffusa e sentita tra le donne.
Diversi studiosi, come ad esempio Mc Bride, si sono occupati di questo e lo hanno ricondotto a un condizionamento culturale: alle donne viene richiesto, soprattutto se si fa riferimento al passato, di essere dolci e compiacenti. La donna è materna e quindi accogliente, si sacrifica e si annulla per gli altri. Ancora adesso il retaggio che ci portiamo dietro è che la donna “forte” spaventa, mentre la figura classica femminile è fragile, emotiva, sensibile (la fregatura della sensibilità!).
A tutto questo si associa, anche, il difficile ruolo femminile attuale, che deve recuperare spazi e terreno fuori casa, ma che non vuole abbandonare la centralità del “fuoco domestico”. Ne consegue il rischio di tentare di diventare delle wonder woman che si accollano su di sé troppi impegni, in troppi campi, perché si è incapaci di dire di no alle persone più vicine.

Il consiglio della Travel Coach
Imparare l’assertività viaggiando: il Taroof iraniano
Il Taroof è un’espressione culturale tipicamente iraniana: una serie di norme non scritte che regolano l’interazione sociale e i comportamenti considerati “educati”.
L’ospitalità in Iran è sacra e all’ospite non si rifiuta nulla, anche quando non si ha nulla.
In questo modo nascono alcuni “trucchi” del Taroof, che possono però frastornare il viaggiatore che non ne ha conoscenza.
Secondo il Taroof (o Tarof), si instaura un particolare balletto: chi fa un’offerta, si aspetta che l’interlocutore la rifiuti, per ben tre volte.
Se dovete quindi pagare la corsa in taxi e chiedete il prezzo, il tassista probabilmente vi dirà che non vuole niente. Voi dovrete insistere per altre due volte, per poter conoscere il prezzo e pagare effettivamente (quindi questo non significa che in Iran potete andarvene senza pagare i tassisti!).
Allo stesso modo, chi vi invita a pranzo o a casa, lo farà tre volte e, se non desiderate dare seguito all’offerta, dovrete imparare a dire di no per tre volte per esprimere il vostro diniego…. Insomma la vostra assertività viene messa alla prova (anche se devo ammettere che è difficilissimo sottrarsi alla calda ospitalità dell’Iran).
Il Taroof nasce per consentire anche a chi non ha grandi risorse di “salvare la faccia” e di onorare il culto dell’ospitalità. Tutti si offriranno di invitarvi a pranzo o vorranno farvi un regalo (e insisteranno), ma sta all’intelligenza interculturale dell’interlocutore rifiutare per ben tre volte e “stare al gioco”.
In questo modo, anche se chi fa l’offerta non intendeva o non poteva davvero invitarvi, il suo dovere è stato fatto! … e ovviamente se va avanti a insistere per più di tre volte, siete liberi di accettare!
Conoscete altre usanze simili?

Davvero interessante e di grande ispirazione questo articolo! Io ho imparato a dire di no da pochi anni, prima lasciavo che tutti i pensieri e le preoccupazioni che hai espresso prendessero il sopravvento. Ma poi ho capito che non si poteva più andare avanti così.
Mi hai insegnato una cosa nuova, il Taroof iraniano! Che splendida usanza, molto interessante!
Ciao Valentina, ti ringrazio!!
Il Taroof è un’usanza particolarissima… e io adoro conoscere usi e costumi lontani! Un bacio
Molto particolare l’usanza del Taroof, lo trovo estremamente diplomatico ed educato. Certo che bisogna saperlo altrimenti si rischia di essere dei gran maleducati. Quanto al saper dire di no, io mi ritrovo perfettamente nel ruolo, mi sembra sempre che se dico di no qualcuno possa rimanerci male e sono tutti talmente abituati a questa cosa che se per caso una volta lo dico, il mio no, passo per ingrata
Ti capisco, la stessa ansia di non “scontentare” gli altri.
wow la pratica del taroof mi mancava! Comunque si la nostra è una situazione dovuta dall’educazione principalmente. Io avevo mio padre che si offendeva quando gli dicevo di no o esprimevo un mio parere e non mi parlava per un pò. Per timore di questo, evito di dire no anche quando devo in tantissime situazioni della mia vita, e paradossalmente mi viene più facile viaggiare dall’altra parte del mondo, perché con persone che non conosco mi viene più facile essere me stessa.. non so se mi spiego…
Capisco benissimo! Adoro viaggiare da sola in luoghi lontani perché mai come in quelle occasioni, dove nessuno mi conosceva, mi sono sentita libera di essere me stessa, senza condizionamenti.