In questi giorni di reclusione necessaria, causa Coronavirus, è facile che l’apatia e la mancanza di stimoli per affrontare le giornate prendano il sopravvento. Se volete spendere questi 5 minuti con me (tanto al momento abbiamo tutti un surplus di tempo), possiamo riflettere insieme su cosa è l’apatia, su come possiamo mitigarla e vi offro qualche consiglio tra il serio e il faceto per combatterla.
L’apatia e il suo significato, tra voglia di non fare nulla e ricerca dell’emozione perduta
A tutti sarà capitato di sentirci spenti, annoiati e quasi immobili o anestetizzati. La sua etimologia è chiara: assenza di “pathos”, cioè di pulsioni, emozioni, passioni…
A volte la sentiamo in un solo ambito della vita, magari nella relazione di coppia o in contesto lavorativo che non ci stimola più. Altre volte è un malessere più esistenziale.
L’apatia comunque mette un muro tra noi e le nostre emozioni. Per questo non è da intendersi sempre e solo in negativo. Come ogni parte di noi, anche quelle che non amiamo, ha una sua funzione. Magari ci è servita in particolare in un qualche momento della nostra vita e adesso rimane con noi, anche se non è più tanto funzionale.
Quindi chiediamoci: a cosa ci serve l’apatia? La barriera anestetizzante che mettiamo può addirittura servire a proteggerci da pensieri disturbanti. Alcuni studi hanno inoltre evidenziato come le persone che sono ipersensibili o molto emotive paradossalmente manifestano un atteggiamento più distaccato e in apparenza meno empatico: se l’apatia, quindi, fosse un modo per non crollare e non sentirci “invasi” da una carica di emozioni che non sappiamo o possiamo controllare?
Se, quindi, in questi giorni di quarantena, sperimentiamo un senso di apatia (in gergo comune e ironico “scoglionamento”) può essere anche il modo che inconsciamente abbiamo trovato per non cedere alla frustrazione e all’ansia di questa situazione incerta.
Apatia: Come uscirne?
Se però l’apatia ci disturba e ci infastidisce, possiamo provare qualche gesto concreto per mettere in pausa l’apatia.
Se l’apatia è l’assenza di emozioni, il primo piccolo passo potrebbe essere: andare a cercare queste benedette emozioni!
Ecco quindi che possono essere utili strumenti come il diario delle emozioni o la ruota delle emozioni, proprio perché, per poter vedere più vivido un quadro, dobbiamo imparare a coglierne tutte le sfumature.
Per chi è disabituato a riconoscere le proprie emozioni, la soluzione migliore è ritornare al caro e vecchio “corpo”. Partiamo dalle sensazioni corporee e da qui risaliamo alle emozioni: tecniche come il continuum di consapevolezza, in cui si esplorano, senza giudizio, emozioni, pensieri e sensazioni, possono essere utili.

Apatia e viaggi: le mete migliori per lavorare sulla ricerca delle emozioni o per comprendere i muri interiori
Sì, lo so. In questi giorni è folle proporvi di “guarire” il nostro malessere con un viaggio.. . e tutta la mia bella filosofia del travel coaching è anch’essa bloccata da un virus che, al momento, sembra essere più potente di tutto, ma possiamo usare città e destinazioni come metafore, come un luogo “altro” in cui viaggiare con la mente e trovare ispirazione (mai come in questi tempi il nome del mio blog è stato più azzeccato). Ecco quindi alcune proposte di ispirazione, che ho tratto dalla mitica Guida per salvarsi la vita viaggiando di Lonely Planet.
Atene e la filosofia: la ricerca dell’assenza di emozioni degli Stoici

Atene è sempre una buona soluzione, proprio perché è una città di contraddizioni, di antico e moderno, un condensato di tutti i mali dell’esistenza a cui la filosofia da più di due millenni sta lavorando. Ovviamente la culla della filosofia è proprio qui.
Per gli Stoici, l’apatia era una virtù, perché essi consideravano l’assenza di passioni come l’unica felicità perseguibile (qualcosa di simile all’obiettivo della meditazione buddista e della Mindfulness). Che vi spostiate per l’antica Agorà o per i colorati tavolini di Plaka, un po’ di stoicismo può aiutarvi!
Se siete intenzionati a partire, ecco qualche consiglio sui quartieri migliori dove dormire ad Atene.
Muri intorno e muri reali: un viaggio in Palestina

Sarebbe interessante chiacchierare con qualcuno residente in Palestina (ma anche in ugual misura con qualche Ebreo Israeliano, perché in questo ambito non vi è alcun intento politico) e capire come vive la questione della “desensibilizzazione” e dei muri emotivi, visto il muro fisico che attraversa il Paese.
Fare un salto con la mente e pensare di essere a Ramallah, la capitale/non capitale dei Territori Palestinesi è illuminante, non solo per i diversi check point che, arrivando da Gerusalemme, bisogna superare, ma anche per l’atmosfera: un clima un po’ schizofrenico, fatto di ruvidezza da un lato e di accoglienza festosa, al limite dell’eccessivo.
Durante il mio viaggio a Gerusalemme, ho chiesto a un taxista alla porta di Damasco (la zona araba della città): “puoi portarmi a fare un giro a Ramallah”? Il taxista mi ha risposto tra lo stupito e il sospettoso: “A vedere cosa? In che luogo?Dove dovete andare esattamente?” La mia risposta è stata in effetti un po’ vaga: “In centro, per vedere la vita di città, faccio una passeggiata e torniamo indietro”.
Volevo vedere con i miei occhi cosa ci fosse nei “famigerati” o “disperati” (a seconda dei punti di vista della retorica dei media) Territori Palestinesi. Sono stata accolta con entusiasmo… fin troppo: ricordo i più anziani un po’ sulle loro e i ragazzini che mi hanno seguito per mezz’ora per scattarsi un’infinità di selfie con me.
La sindrome di Stendhal sul Machu Picchu

In viaggio sono una fagocitatrice di esperienze e di luoghi, vivo di entusiasmo e di passioni, sono emotiva, ma (forse proprio per questo) controllata. Vedere spuntare il Machu Picchu in mezzo al verde delle montagne mi ha fatto piangere davanti a tutti. Insomma è fonte di una scarica di emozioni elettrizzante che libera dall’apatia per giorni
Riscoprire le emozioni piano piano: le Maldive

Lo ammetto: non sono una fan delle Maldive. Ci sono stata: tutto bello, ma mi manca l’interazione con la cultura del luogo e il movimento (non la movida, ma il senso del “viaggiare). Forse dovrei fare un’altra esperienza, ma provare una Guesthouse in qualche villaggio locale delle Maldive, per respirare quella atmosfera che non ho provato.
Un soggiorno alle Maldive è comunque un esercizio di riscoperta di se stessi e dei sensi: non c’è molto da fare, le isole sono piccole e quindi è il momento adatto per stare davvero “nel qui e ora” e goderselo (in effetti associare un viaggio in un Paradiso con la parola “esercizio”, che sa invece di fatica, suona un po’ male… chiamiamo questa opzione come “possibilità” o “occasione” per sperimentare qualcosa che, nella vita di tutti i giorni, è difficile avere il tempo di vivere).
Il consiglio della Travel Coach
Apatia e viaggi: le mete migliori per lavorare sulla ricerca delle emozioni
L’Apatia è generalmente descritta come l’assenza di emozioni. E’ uno stato di mancanza di interessi, di passioni, come se ci fosse un muro, una barriera tra noi e le emozioni, tra il nostro cuore e il mondo intorno.
La filosofia del mio blog è quella di usare le destinazioni e le città come metafore di autoconsapevolezza, come immagini guida per cominciare a riflettere e magari a superare qualche disagio.
Ecco qualche suggestione per lavorare sull’apatia:
- Atene e lo stoicismo: l’apatia è la virtù del saggio
- Ramallah e la vita separata da “muri” nei Territori Palestinesi
- L’iniezione di emozioni del Machu Picchu in Perù
- Il recupero di noi stessi e delle sensazioni corporee alle Maldive
Dal faceto al serio, ecco alcuni strumenti pratici che si possono utilizzare, anche in casa, per lavorare sulle emozioni:
- diario delle emozioni (per monitorare il nostro stato emotivo)
- ruota delle emozioni (per conoscere tutte le sfumature)
- continuum di consapevolezza e tecniche corporee (per trovare le emozioni partendo dai sensi e dalle sensazioni corporee)
Ormai sembra una sensazione che proviamo da mesi, e in effetti è proprio così. Almeno ad aprile c’era la speranza che tutto potesse finire nel giro di qualche mese, mentre invece ora dopo tutto questo tempo non sappiamo quando l’incubo finirà. E nel mio caso è proprio la mancanza di qualcosa – di un viaggio, di una cena con gli amici… – in cui sperare a generare in certi momenti apatia e in certi altri ansia allo stato puro. Un viaggio sicuramente mi farebbe sentire meglio e sarà la prima cosa che farò per guarire da queste brutte sensazioni.
Io di solito cerco di concentrarmi sul positivo e su tutte quelle cose che non avrei avuto occasione di fare senza questo periodo: ad esempio un sacco di corsi online 😉