Port Louis è il centro finanziario, nonché la capitale di Mauritius. Spesso snobbata da chi visita il Paese solo per una vacanza di mare, la città ha un suo tratto peculiare e merita una visita di alcune ore.
Cosa mi è piaciuto? Il mix che si respira. Port Louis è modernità nel suo waterfront e tradizione nel suo mercato. Offre al visitatore chiese, moschee e templi indù a pochi metri di distanza. Un po’ India nei sui negozietti, un po’ Cina nelle porte dell’amicizia di Chinatown, un po’ Europa nei palazzi coloniali.
Ho qui raccolto alcuni “must” da vedere a Port Louis.
Il Waterfront di Port Louis
La visita di Port Louis non può che partire dall’animato Waterfront Caudan. Si tratta del cuore più moderno della città. Il lungomare racchiude le più famose catene di negozi, ristoranti e locali, cinema, casino e bancarelle di street food, gelati e frullati di frutta fresca.
Sicuramente sarà anche il vostro punto di accesso se arrivate in auto, visto che la maggior parte dei parcheggi si concentrano proprio qui.
Nel waterfront c’è anche il fotografatissimo viale sormontato da ombrelli colorati.
Qui si trova anche uno dei più famosi musei della città: il Blue Penny Museum, che racchiude 2 tra i più rari francobolli al mondo.
Aapravasi Gath
I Gath in India sono tradizionalmente dei moli che si affacciano sull’acqua. Quelli più famosi sono infatti quelli sul Gange, dove vengono effettuate le cremazioni.
L’Aapravasi Gath è stato storicamente il punto di accesso a Mauritius di decine di migliaia di Indiani, venuti qui a lavorare, durante il dominio coloniale inglese.
Sul medesimo sito, si trova ancora oggi una targa commemorativa di un luogo così importante per la storia dell’isola e delle sue radici, un museo gratuito che racconta gli anni dell’immigrazione indiana e la realtà dei lavori forzati e alcuni resti degli edifici storici in cui si assisteva allo “smistamento” del personale in arrivo.
Una visita a questo museo è imprescindibile per capire Mauritius e il perché si respira qui quest’atmosfera a volte più indiana che africana.
Mauritius era disabitata dall’uomo prima dell’arrivo dei primi colonizzatori europei (Olandesi). Per una volta quindi possiamo dire che la colonizzazione non si è scontrata con gli indigeni autoctoni, sebbene abbia comunque avuto effetti significativa sull’habitat naturale e la fauna dell’isola.
Negli anni si sono susseguiti vari domini. Dopo l’abolizione della schiavitù, gli Inglesi si sono trovati ad affrontare una carenza drastica di manodopera per sfruttare la ricchezza delle piantagioni da zucchero.
La soluzione adottata è stata richiamare da altre colonie, India e Pakistan in primis, lavoratori a contratto, che però non erano pienamente liberi di lasciare il lavoro, di assentarsi dallo stesso o di cambiare vita una volta arrivati nel nuovo Paese di adozione. Si tratta di quello che gli Inglesi hanno denominato “The Great Experiment”, cioè il tentativo di mantenere in vita un’economia coloniale, con una società che avrebbe dovuto essere teoricamente democratica. “L’esperimento” ebbe così tanto successo che venne implementato anche in altre aree del mondo, come ad esempio ai Caraibi.
Sebbene siano pochi i resti degli edifici rimasti, i pannelli espositivi raccontato comunque l’impatto sociale di queste scelte che hanno forgiato la vita di Mauritius, visto che oggi si può ritenere che circa il 70% della popolazione mauritiana abbia le proprie radici nei lavoratori a contratto.
Chinatown
A una decina di minuti a piedi da Aapravasi Gath, seguendo Royal Street, approderete alla Chinatown di Port Louis, riconoscibile dalle due grandi Porte dell’Amicizia, che delimitano l’area.
La Chinatown mi è parsa molto autentica, ricca com’è di negozi tradizionali cinesi, farmacie, alimentari, erboristerie.
Ha anche alcuni edifici interessanti, ancora interamente di legno, che sembrano usciti dai romanzi ottocenteschi (mi hanno ricordato i romanzi dell’Allende ambientati nella Chinatown di San Francisco).
La moschea di Jummah
Una delle moschee più insolite che abbia mai visto. Anche in questo caso prevale il sincretismo: architettura coloniale, colori pastello in stile mediterraneo, ornamenti in stile più indiano che moresco.
La riconoscerete dalle bandierine bianche e azzurre che sventolano in Royal Street.
Gli spazi interni sono parzialmente visitabili anche dai non mussulmani.
Il grande mercato tradizionale di Port Louis
L’essenza di una città si respira sempre nel suo mercato tradizionale e Port Louis non fa eccezione. Il mercato tradizionale è costruito in un grande slargo ed è suddiviso in varie parti. Un paio di capannoni affiancati costituiscono il settore riservato ai macellai e ai venditori di pesci, rigorosamente suddivisi per tipologia di carne e animale. La visita non è adatta per chi è debole di stomaco.
Uno spazio separato, invece, ospita un groviglio di stretti corridoi su cui si susseguono negozietti, che vendono capi di vestiario, spezie e calamite. Questo è sicuramente il luogo migliore per trattare l’acquisto di souvenir (probabilmente di provenienza cinese), bastoncini di vaniglia e magliette “made in Mauritius” (prima dell’avvento del Made in China o in Cambogia, molti brand di maglieria, come Gap e Ralph Lauren, facevano produrre i loro capi qui a Mauritius).