Noto spesso negli ultimi tempi, nei gruppi di Facebook a tema “viaggio” o nei forum che frequento, un interesse, soprattutto tra le donne (ma non solo), a utilizzare il tempo libero da studi e lavoro per fare esperienze di volontariato internazionale.
Questo post vuole essere, quindi, un primo strumento per fare un po’ di chiarezza e aiutare chi vorrebbe buttarsi e partire per una breve esperienza di questo tipo in paesi in via di sviluppo.
Non mi considero un’esperta del settore, ma, ormai da tempo, tra studi pregressi, collaborazioni con organizzazioni non profit in Italia e all’estero e interessi personali, ho accumulato un po’ di nozioni utili: anche io mi sono trovata nella situazione di chi non si occupa di progetti di sviluppo all’estero per mestiere, ma vuole utilizzare il tempo risicato delle ferie per fare un “viaggio diverso”. La mia esperienza è relativa al Marocco e ho poi fatto di recente volontariato in Uganda.
Il volontario all’estero: chi è costui? E il volontariato è gratis?
Il mondo dei progetti di aiuto e cooperazione nei Paesi in via di sviluppo è molto variegato. Anche con riferimento in generale ai “volontari”, vi sono opzioni e figure differenti. In questo post, mi focalizzerò in prima battuta sulle possibilità di volontariato all’estero di breve periodo, quelle cioè che sono potenzialmente accessibili a tutti: in questi casi, infatti, non vi sono particolari limiti di età e/o indicazioni su esperienze pregresse o competenze specifiche. In molti casi, non vi è neppure una fase di recruiting e selezione, ma soltanto degli incontri preliminari di formazione e conoscenza reciproca tra l’aspirante volontario e l’organizzazione ospitante (o il partner in Italia). Una eccezione è il Servizio Civile, che però è rivolto a una fascia ben determinata di età.
Il Volontario, quindi, tendenzialmente non è un cooperante, cioè un operatore che lavora per una ONG o per una realtà non profit, e non deve essere per forza un “esperto” (seppur alcune competenze e skills individuali siano sicuramente di grande utilità in alcuni progetti all’estero). Questo dovrebbe già dare la risposta a un’annosa domanda: “Perché il volontario deve pagare, se mette a disposizione il suo tempo e il suo lavoro?”.
Praticamente qualsiasi organizzazione chiede al volontario, infatti, di provvedere autonomamente alle spese di viaggio e di vitto (talvolta anche di alloggio) e, spesso, di contribuire con una quota per la copertura delle spese di gestione del progetto a cui partecipa.
La sindrome del “Salverò il Mondo” e… le sue possibili disillusioni
Se penso a entrambe le volte in cui sono partita per un progetto di volontariato all’estero, mi accorgo di essere ricaduta nel medesimo schema: si parte con le migliori intenzioni, con l’entusiasmo di dare il proprio contributo, con la voglia di “fare” e di imparare. Si arriva sul posto e, per lo meno i primi giorni, ci si sente un po’… inutili.
Non voglio smontare le aspettative di chi sta per partire, ma condividere una piccola disillusione che ho provato sulla mia pelle. Ebbene sì, i primi giorni non si sa cosa fare, come dare il proprio contributo, spesso si sta in un angolo a guardare gli operatori alle prese con il loro lavoro e la loro routine. Diciamo la verità: il volontario non è fondamentale, la “macchina del progetto” va tranquillamente avanti senza di lui.
E mi viene da dire “meno male!”: un progetto non può basare il suo funzionamento su persone che arrivano nel Paese per poco tempo, su figure la cui presenza è saltuaria e altalenante, su persone che, seppur animate dai migliori intenti, sono magari alla loro prima esperienza in Africa e non sanno ancora come “muoversi” in quel contesto.
Allora a cosa serve il volontario? I valore del “volontariato dell’estate” per i progetti locali
Il volontario dà comunque una mano nella gestione delle attività di routine. Nel caso dei progetti con i bambini, può aiutarli nei compiti e nello studio, fare attività di animazione, organizzare attività sportive e formative per loro. Potrebbe essere coinvolto in piccole attività di pulizia e costruzione.
Possiamo dire essenzialmente che il ruolo del volontario ha un carattere “relazionale” e interculturale. E’ importante per i bambini e gli insegnanti locali fare esperienza di persone provenienti da altri Paesi, con altre storie e una diversa cultura: nei villaggi Africani, ad esempio, TV, computer e smartphone non sono diffusi (soprattutto tra i bambini). I bambini quindi non hanno molte occasioni di scoprire realtà diverse dalle loro e sono quindi molto curiosi: parlate, raccontate la vita nel nostro Paese, cercando di spiegare, con la dovuta sensibilità, le differenze più apparenti.
Il volontario è anche una rilevante fonte di raccolta fondi per l’organizzazione ospitante, non solo perché contribuisce economicamente, pagando ad esempio per l’alloggio che gli viene offerto, al progetto, ma anche perché, al ritorno in Italia, può essere un importante testimone e sponsor, con amici e conoscenti, della realtà che ha avuto modo di conoscere con i suoi occhi.
Come scegliere l’organizzazione di volontariato per fare la propria esperienza all’estero
Per assicurarsi un’esperienza sicura e positiva, è importante scegliere accuratamente le organizzazioni con cui partire. Le parole d’ordine sono: affidabilità, esperienza, conoscenza diretta, preparazione.
Il mio consiglio è di appoggiarvi a organizzazioni affidabili e note, che hanno già esperienza nella gestione e nell’invio di volontari all’estero. Eviterei le organizzazioni improvvisate, anche se conoscete le persone che le animano, perché in certi contesti la conoscenza del contesto diventa fondamentale per la sicurezza del volontario. Io personalmente valuto come indicatore di serietà anche il fatto che l’organizzazione richieda un colloquio preliminare con il volontario o che vi sia un momento di formazione obbligatoria pre partenza: mi sembra che in questo modo si garantisca la giusta preparazione del volontario, prima di tutto anche nei suoi interessi: deve essere consapevole di quello che andrà fare, del contesto in cui dovrà muoversi e abitare, per evitare shock culturali all’arrivo!
Molti volontari, me compresa, spesso si avvicinano a un’organizzazione non profit in Italia, partecipando alle attività di volontariato che offre qui, per poi conoscerla meglio e decidere di partire sui progetti che l’organizzazione finanzia o ha implementato all’estero. Iniziate a guardarvi quindi già intorno nella vostra città, conoscete le realtà presenti e partecipate alle attività che propongono, per trovare quella più in linea con i vostri ideali, la vostra personalità e la vostra filosofia di vita.
Vi sono poi alcune organizzazioni, come ad esempio Lunaria, che si occupano proprio di favorire lo scambio interculturale attraverso il volontariato e hanno dei veri e proprio Database, consultabili per Paese d’interesse e periodo di partenza, con centinaia di campi di lavoro volontario in tutto il mondo.
Veronica
Il volontariato all’estero è davvero un argomento complesso, chi partecipa parte con le migliori intenzioni ma non sempre è una cosa positiva. Purtroppo c’è chi approfitta di chi vuole aiutare per lucrare e non portare un impatto positivo nel paese di destinazione. Come dici anche tu scegliere l’organizzazione con cui partire è importantissimo! Brava per questa guida 🙂
Valeria
Grazie Veronica, diciamo che ci sono dinamiche complesse, che forse sfuggono a chi non è del settore (come ad esempio la richiesta di molte organizzazioni di garantire una presenza con una durata minima)
marina lo blundo
Il tema è decisamente interessante e poco noto. Credo che la gran parte della gente – me compresa – veda le attività di volontariato all’estero appannaggio di ONG e/o di Missioni religiose e quindi non faccia neanche minimamente un pensiero all’eventualità che possa esistere un’esperienza del genere; dall’altra parte invece credo che chi sente di volerla fare debba necessariamente fare tantissime valutazioni prima di decidersi a partire, perché non è un’esperienza né di riposo né di svago. Credo che anche a livello psicologico sia un’esperienza pazzesca, per cui mi pare giusto che chi vuole partire sia sottoposto a un colloquio e debba fare formazione.
Valeria
Il mondo dei progetti di sviluppo e cooperazione è molto variegato, anche se ovviamente le ONG uno degli attori principali. Anche in questo caso, comunque ci sono realtà molto diverse tra loro (per tipologia di approccio, per dimensioni eccetera) e molte consentono e promuovono l’invio di volontari, sia per progetti brevi sia di lungo periodo. Concordo che il tema volontariato sia delicato e che richieda un minimo di “counseling” pre partenza, anche per ridimensionare le aspettative (non si va lì a salvare il mondo e spesso ci si sente abbastanza inutili) e per preparare a un incontro sostenibile e rispettoso con la comunità che ci ospita.