Ho voluto intitolare cosi il post, perché la parola “Mzungu”, insieme a “Hi, How Are you” sarà quella che sentirete più spesso se deciderete di fare volontariato in Uganda, soprattutto nell’Uganda più rurale.
Da sempre amante del viaggio, della scoperta di nuove culture e del mondo della cooperazione, finalmente sono riuscita a far incrociare i quadri astrali e a partire per fare Volontariato.
Perché ho scelto l’Africa per fare volontariato?
Volevo mettermi alla prova in un contesto molto differente da quello cui ero abituata (insomma, se si esce dalla “comfort zone” bisogna farlo bene). Volevo provare a vivere, per un periodo di tempo più lungo della classica settimana di vacanza, in un ambiente un po’ più difficile e con pochi comfort, per vedere il mio grado di adattamento (sebbene poi tutto sommato non si sia rivelato poi così “difficile). L’Africa, inoltre, ha sempre rappresentato per me, qualcosa di viscerale e di coinvolgente.
Avendo poi scelto di lavorare con i bambini in ambito educativo, non ho avuto dubbi. I bambini sono tutti bellissimi e non voglio fare una graduatoria superficiale… ma i bambini africani sono MERAVIGLIOSI, pieni di energia e, volenti o nolenti, trasmettono forza e entusiasmo, al pari della musica ritmata e vibrante che accompagna tutti i momenti di vita in Africa, dalla Messa all’Assemblea Scolastica
Perché fare volontariato in Uganda?
L’Uganda è un Paese che negli ultimi anni si è caratterizzato per un buon livello di sicurezza e stabilità. Ha ricevuto moltissimi aiuti e ospita differenti progetti da parte di numerose organizzazioni non governative e gruppi religiosi (la Chiesa Cattolica e Protestante hanno un ruolo rilevante e tengono in mano un’ampia fetta dell’educazione primaria privata).
Vi sono quindi moltissime organizzazioni che offrono la possibilità di fare esperienze di volontariato.
Il popolo Ugandese poi è generalmente ospitale, aperto e (pure con le dovute eccezioni) accogliente nei confronti dei Paesi e dei visitatori Occidentali.
Essere una Mzungu: riflessioni sul significato
Cosa vuol dire Mzungu? È la parola Swahili che è genericamente usata in molti Paesi dell’Africa (anche in quelli che non usano lo Swahili) per indicare “l’uomo bianco” o comunque l’uomo occidentale.
Mi è capitato di passare per i villaggi in macchina o a piedi e di sentire bambini correre lungo il ciglio della carreggiata chiamandomi così. In Africa sono “Mzungu”, non sono né Madame né Valeria!
Spesso è accompagnato da risatine e da saluti sbracciati.
Onestamente, anche se ad alcuni miei accompagnatori dava fastidio, io l’ho sempre accettato con un sorriso: la reazione è un po’ come quella di vedere un Astronauta appena arrivato in paese dalla luna…
E’ grande, soprattutto, nei contesti rurali, la curiosità di vedere una persona bianca, concepita solitamente come “civilizzata” (?!) e “ricca”: la reazione è simile a quella che avremmo noi probabilmente nel vedere un divo di Hollywood nella strada davanti a casa.
Molti bambini inoltre hanno visto pochi “Bianchi” e sono letteralmente affascinanti dal toccarne la pelle, i peli (le persone di colore hanno pochissimi peli!) e soprattutto i capelli (se poi sono biondi, è l’apoteosi).
Io ho fatto due settimane di permanenza in Uganda avendo continuamente persone che mi tiravano la coda o mi districavano e pettinavano i capelli!!!!
Con quale organizzazione partire per fare Volontariato in Uganda?
Vi sono moltissime associazioni italiane che gestiscono o finanziano progetti in Uganda.
La mia personale “combinazione astrale” ha trovato compimento dopo aver iniziato a fare volontariato nella sede milanese della Fondazione Mission Bambini, che nei suoi quasi venti anni di attività ha finanziato progetti in oltre 70 Paesi.
La Fondazione Mission Bambini invia ogni anno volontari a visitare molti dei suoi progetti, con l’obiettivo di monitorare lo stato di avanzamento e far conoscere all’esterno la sua attività.
Cosa fa un volontario in Uganda?
Io ho scelto di partire per Kitanga, un villaggio rurale nel Sud dell’Uganda. Il progetto da me visitato ha il suo fulcro nella scuola di St.Clelia: un’organizzazione che da anni offre la formazione elementare (con vitto e alloggio) a otre 600 bambini.
La giornata tipo del Volontario in Uganda
Nel mio caso la sveglia era alle 8 per la colazione (i bambini si svegliano invece sempre alle 6).
A seconda delle attività e degli impegni dello staff educativo, la giornata poteva caratterizzarsi in questo modo:
- visita alla realtà del progetto e alla comunità locale: giornate di visita ai luoghi turistici circostanti (tra cui il bellissimo lago Bunyonyi) e alle attività che sono parte integrante del progetto (oltre alla scuola, ad esempio, il progetto ha previsto negli anni la costruzione di un ambulatorio medico, di una banca che offrisse prestiti agevolati e di piccola taglia ai contadini del villaggio, ecc)
- attività con bambini: dal preparare piccole lezioni in inglese per quelli più grandi, dal far loro realizzare attività artistiche, come disegni e collage, sino all’organizzazione di tornei sportivi o attività ludiche…. L’obiettivo è coinvolgerli il più possibile e fare loro sperimentare nuove attività.
Il tutto è avvenuto in un contesto protetto e sicuro, dagli standard abbastanza elevati (io avevo una stanza dotata di bagno all’occidentale e zanzariere), che rende questa esperienza adatta anche per chi è alle prime armi con l’Africa.
Il consiglio della Travel Coach
Fare volontariato in Uganda per chi ha problemi nell’abbandonare il controllo e nella gestione del tempo
Abbandonare il controllo
Perdere il controllo è per alcune persone sinonimo di vergogna e senso di colpa.
C’è chi ha negli anni introiettato un “giudice così severo” dentro di sé, da non permettersi mai una parola fuori posto o una piccola pazzia. Spesso queste persone hanno paura delle proprie emozioni, che sono per definizione irrazionali e poco controllabili, con la conseguenza che hanno imparato a “isolarle”, a metterle in “stand by” e ad ascoltare solo la ragione.
Spesso prevale il “dovere” sul piacere, con il risultato che si perde il proprio “io autentico”.
Inutile sottolineare che, chi ha un forte doverismo e ha bisogno di controllare tutto, tenderà anche ad avere un rapporto particolare con il tempo:
- le agende saranno iper organizzate: il tentativo di controllo verrà riversato anche sulla gestione delle proprie giornate, che saranno pianificate anche “negli imprevisti”
- le agende saranno piene zeppe di impegni: quando prevale il monito del dovere, si diventa iperproduttivi, il tempo per sé e per il piacere personale vengono infatti classificati nella voce “perdita di tempo”
Il volontariato in Uganda: un mezzo per tirare fuori il proprio Io Bambino e la parte giocosa ed emotiva di ognuno di noi
L’Africa pone delle sfide a chi è iper organizzato, proprio perché ti obbliga a confrontarti inevitabilmente con l’imprevisto: può essere la corrente elettrica che salta continuamente e manda in fumo i tuoi piani di lavorare al pc o le strade che, dopo le piogge scroscianti e torrenziali di Aprile, diventano impraticabili o rimangono bloccate da Camion che sono andati fuori strada (a me è capitato di notte al ritorno da un matrimonio su una strada di montagna!).
Il tempo poi è un concetto relativo. Se vi è stato dato appuntamento alle 10 come orario di partenza per andare a fare compere nella città vicina, aspettatevi di partire non prima delle 11 e di perdere per due commissioni l’intera giornata: prima c’è tutto il rito della chiacchiera con le persone del villaggio, poi bisogna aspettare altre persone che hanno deciso di aggregarsi e di sfruttare il passaggio in città,…
Addirittura sono stata invitata a un matrimonio, che doveva iniziare alle 13, per poi scoprire, una volta davanti alla Chiesa con tanto di sposi e di invitati, che c’era ancora dentro un’altra coppia a celebrare il proprio rito (morale della favola: siamo stati sino alle 15 a girare nel parco intorno alla Chiesa).

Questo tempo “dilatato” obbliga “i gestori del tempo”, non dopo una prima irritazione e una serie di sbuffi e imprecazioni, ad adattarsi al suo fluire e a perdere qualsiasi possibilità di previsione e controllo dell’agenda.
Fare volontariato con 600 bambini dai 3 ai 12 anni inoltre, che ti saltano addosso, ti toccano, ti abbracciano, cantano e ti obbligano a ballare con loro (la musica in Africa è ovunque ed è dirompente) ti spinge a scavare per tirare fuori quel barlume di Io Bambino, la parte creativa, pazzerella, entusiasta, giocosa e priva di remore, che ancora abbiamo dentro di noi, ma che è spesso “zittita” dal dovere della quotidianità.
Sono molto interessata a fare un esperienza di volontariato in Uganda con i ragazzi…ho insegnato al liceo Artistico per molti anni ho acquisito competenze e mi piacerebbe fare dei workshop..non so da dove iniziare…
Buongiorno Antonella, il primo passo secondo me è trovare la giusta organizzazione qui in Italia che abbia progetti attivi in Uganda e che possa metterti in contatto con realtà locali. Io sono partita con Mission Bambini che ha progetti in vari Paesi. Ci sono però tantissime altre realtà e organizzazioni che mettono proprio in contatto persone che vogliono fare volontariato con enti. Guarda anche le proposte di Lunaria che ha una specie di database a questo scopo (ovviamente quando riprenderanno gli spostamenti internazionali). Infine sappi che per esigenze specifiche e per maggior flessibilità ci sono anche organizzazioni (non “non profit”) che di lavoro organizzano viaggi di volontariato. Se vuoi contattarmi in privato ti do un po’ di contatti.