Ieri ho visto il film di Bellocchio tratto dal libro Fa’ Bei Sogni di Gramellini. In una scena il Sacerdote Professore del giovane Massimo, per spronarlo ad affrontare il suo vittimismo e i suoi dolori gli dice questa frase:
“I SE sono il marchio dei falliti”
Cosa è il SE?
Il se ci porta nel futuro o comunque nell’ipotesi.
“Vorrei farmi avanti con quella ragazza… ma sei poi non le piaccio?”
“Vorrei candidarmi per quel lavoro a Parigi, ma sei poi mi prendono e devo mollare tutto qui?”
In altre parole, i SE ci proiettano al di fuori della realtà del qui e ora, in un ambito su cui non abbiamo il controllo e su cui non possiamo incidere. Preoccuparcene quindi è un inutile spreco di energie e una fonte certa della cosiddetta Ansia Anticipatoria.
Se se se … per chi ha paura di fare qualcosa, ci sarà sempre un “rassicurante” SE pronto a bloccarci e a fermare le nostre iniziative.
Vi ricordo una “triste” (o forse no) realtà: non è possibile prevedere tutti i “se” nella vita, così come non è possibile prevedere e tutelarsi da ogni conseguenza negativa di una scelta o di un’azione.
Questo in particolare vale anche per le mamme iperprotettive, che non lasciano andare i figli in giro da soli, per preoccupazione di tutto ciò che di brutto c’è nel nostro mondo. Paure comprensibili in una società moderna e ricca “di insidie” come quella attuale, ma fonti di stress e pressioni. Per quanto si voglia il meglio per i figli, è impossibili proteggerli da ogni “se”.
Un altro uso del sé è quello, invece, che ci riporta nel passato, nel rimuginio e nel rimpianto. Chi non si è detto almeno una volta: “ah se non avessi fatto quella cosa…”.
Anche in questo caso non stiamo vivendo il presente, ma ci rifuggiamo in un passato illusorio, in cui o vinciamo sempre o possiamo sempre “piangere” sul latte versato.
Stare nel presente significa, invece, lavorare sulla propria vita, per migliorarla se possibile, per goderla o per, eventualmente, cercare di rimediare agli sbagli (ammesso che lo siano) fatti.
Non sto dicendo che stare nel presente sia facile, anzi forse è la cosa più difficile di questi tempi. Sto dicendo, però, che se ci mettiamo razionalmente a riflettere e blocchiamo per un attimo l’automatismo del flusso dei pensieri, ci possiamo accorgere di quanto inutile sia rimanere nei nostri SE. E a questo punto, se decidiamo di restarci, siamo consapevoli che lo facciamo per nostra scelta, perché in qualche modo per noi è funzionale, perché “amiamo” o “siamo affezionati” al nostro ruolo di vittima del passato o di “vigile ipercontrollante” del futuro.
C’è infine un terzo uso del SE: quello che collega due frasi che non hanno per forza una connessione logica o causale. Ad esempio: “se per S.Valentino non mi ha portato i fiori significa che non mi ama”.
Questa connessione è la NOSTRA, ma non equivale a una legge universale o a un punto di vista comune e per forza condiviso. Non è un principio scientifico (e quindi validato in ogni caso e condizione), come invece: “se l’acqua è portata a 100 gradi allora bolle”!
Che fare allora davanti al SE?
- L’attore del film consiglia a Massimo Gramellini, di usare la parola “nonostante”. Nella vita si diventa grande “nonostante”: nonostante le paure, nonostante le delusioni, nonostante gli errori. Il “nonostante”, invece dello stare nel SE, implica il superamento dell’ostacolo
- L’altro “trucco”, utile soprattutto per il terzo uso del SE, è chiedersi: ma è proprio sempre così? (nell’esempio di prima: “TUTTI quelli che amano, portano fiori?”
- Infine l’ultima domanda da farsi davanti ai SE è: “posso fare qualcosa ora?” “ho delle risorse da mettere in atto se mi trovo in quella situazione?”
Questo ci sposta dal SE e ci mette nell’azione, nell’immediato o nella costruzione di un piano B in grado di rassicurarci.
Sara
Grazie per questo articolo! All’indomani di una decisione presa con una punta di rimpianto, questo post ha lasciato un segno e stimolato tante riflessioni.
Valeinviaggio
Grazie mille Sara