Una persona su quattro (e secondo altre statistiche quasi il 50%) ha paura di volare.
Il grado di paura si può manifestare su vari livelli: da chi sale su un aereo con un certo disagio e rimane un po’ teso per tutto il volo, a chi non riesce neanche a concepire di poter fare un viaggio aereo.
In tutti i casi, comunque, la paura di volare limita la nostra voglia o il nostro piacere di viaggiare, di scoprire nuove destinazioni, oppure di incontrare persone care che vivono all’estero… Per non parlare di chi deve viaggiare per lavoro ed è costretto a spostamenti in aereo.
La paura di volare (Aerofobia) è un disturbo d’ansia generalizzato. E’ collegato, infatti, a una paura irrazionale (entrano in campo l’amigdala e le parti più “antiche” del nostro cervello, quelle legate strettamente alla sopravvivenza). Nessuna spiegazione logica, statistica o razionale può infatti placare l’ansia. Neanche sapere che l’aereo è il mezzo di gran lunga più sicuro per muoversi è d’aiuto. Negli USA infatti i morti per incidenti aerei sono 0,06 ogni miliardo di miglia percorsi, a fronte del dato di 0,24 per la metropolitana, di 0,47 per i treni, di 5,75 per le auto e, addirittura, di 217 per le moto.
Per questa ragione, l’associazione Maith (www.maith.it) che si occupa di Interventi Assistiti con gli Animali dal 2009, ha proposto un servizio di pet therapy agli imbarchi, proprio per i passeggeri con paura di volare e per le famiglie con bambini in attesa del volo.
Il diventare genitori pare essere, infatti, un motivo scatenante di Aerofobia, anche in persone che in passato volavano senza problemi. A ciò si aggiungono, inoltre, le tensioni dei genitori che devono gestire i bimbi spazientiti o turbati dalla confusione in aeroporto, soprattutto nei periodi di punta del viaggio, come l’estate o le vacanze di Natale. In questi momenti, inoltre, per la grande affluenza, è facile che si aggiungano ritardi e problemi con le partenze, che mettono a dura prova la pazienza dei più piccoli e dei loro genitori.
Ecco, quindi, che entrano in gioco un Golden retriever, uno Schnauzer Nano e perfino un coniglietto.
La pet therapy, infatti, (diffusasi a partire dalla fine degli anni ’60, grazie allo psichiatra infantile Boris Levinson) risulta avere un ruolo importante nella riduzione dell’ansia e del livello di stress. La presenza di un animale in un aeroporto, dove c’è confusione e un mix di etnie diverse, aiuta la socializzazione ed evita le tensioni dovute all’attesa.
L’esperienza è stata fatta, proprio durante il periodo delle partenze natalizie, a Malpensa (agli imbarchi extra Schengen) e a Linate. Le attività andavano dall’accarezzare semplicemente l’animale, a spazzolarlo, a nutrirlo o a piccoli giochi di ricerca olfattiva.
Il contatto e le coccole con un animale liberano ossitocina (il cosiddetto ormone dell’amore), che va a bloccare l’amigdala e gli ormoni dello stress correlati.
La pet therapy è ormai diffusa in moltissimi aeroporti in tutto il mondo. A San Francisco, la più valida “collaboratrice” è Lilou, una maialina che ha anche un profilo Instagram con oltre 10.000 followers.